Il Romero contro la mafia: Il nostro viaggio a Palermo. #1 Come nasce e come agisce la mafia?

Se pensate che la Mafia sia stata “semplicemente” una fase della storia italiana della seconda metà del Novecento e che riguardi solamente alcune delle stragi più conosciute, vi state sbagliando. La Mafia purtroppo è molto di più, ha una storia e uno sviluppo molto più antico di quanto si possa pensare e ancora oggi rimane uno dei problemi, se non il problema maggiore, del nostro Stato, della nostra economia, della nostra società e della nostra politica. Lo abbiamo capito noi, studentesse e studenti della 5U dell’istituto scolastico ISIS Romero, grazie a un emozionante viaggio di istruzione organizzato dall’Associazione “AddioPizzo Travel” a inizio novembre nella città di Palermo. È per questo motivo che vogliamo condividere alcune delle nozioni che abbiamo appreso e i sentimenti che permangono in noi grazie a questa visita, perché ignorare il fenomeno di criminalità organizzata che colpisce il Meridione e l’Italia intera, o addirittura pensare che ciò sia una cosa passata, è la condizione perfetta per i capi criminali mafiosi per agire e continuare a esercitare il loro potere ingiusto e illegale.

La mafia ancora prima dell’unificazione italiana.

La mafia siciliana, conosciuta come “Cosa Nostra”, si sviluppò nell’Ottocento in un contesto di cambiamenti economici e sociali legati alla fine del feudalesimo e, successivamente, al processo di unificazione italiana. Con l’abolizione dei latifondi, molti territori agricoli vennero assegnati a nuovi proprietari terrieri che, tuttavia, faticarono a mantenere il controllo sui propri beni a causa dell’assenza di istituzioni statali forti e di una diffusa instabilità politica. In questa situazione, piccoli gruppi di uomini, i cosiddetti mafiosi, offrirono protezione in cambio di denaro o favori, assumendo gradualmente il controllo delle terre e instaurando un sistema di potere parallelo a quello dello Stato.

La mafia iniziò a strutturarsi come organizzazione, sviluppando una gerarchia e codici interni di comportamento come l’omertà, una legge non scritta che impone il silenzio e la lealtà all’interno del gruppo. Verso la fine del XIX secolo, la mafia divenne una forza d’influenza politica, riuscendo a infiltrarsi nelle istituzioni locali e a controllare elezioni e cariche amministrative. Nel XX secolo, la mafia estese le proprie attività criminali, passando da estorsioni e protezione a traffici più complessi, come il contrabbando di beni e, più tardi, il traffico di droga, sviluppando legami internazionali, soprattutto con gli Stati Uniti. Negli anni ’70 e ’80, la mafia siciliana cominciò a subire una serie di contraccolpi da parte dello Stato, che intensificò gli sforzi per combatterla. In risposta Cosa Nostra diede inizio a una fase di violenza estrema, detta “fase stragista”. Questo periodo culminò nel decennio tra il 1980 e il 1990, quando la mafia compì una serie di omicidi e attentati contro magistrati, politici e forze dell’ordine impegnati nella lotta antimafia. Eventi emblematici della fase stragista furono gli attentati del 1992, in cui persero la vita i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Gli omicidi di queste figure pubbliche scossero profondamente l’opinione pubblica italiana, provocando una reazione civile e politica senza precedenti, che portò a una maggiore determinazione nella lotta alla mafia. Gli anni seguenti videro l’arresto di numerosi boss di spicco, lo smantellamento di diverse reti criminali e un cambio di atteggiamento verso la cultura mafiosa. Questa reazione non solo segnò una svolta nella lotta contro la mafia, ma rappresentò anche un importante cambio culturale che influenzò le generazioni successive.

Memorial Museum: storia ed emozioni in un edificio

Tutte queste informazioni ci sono state fornite durante la visita al No Mafia Memorial di Palermo, un centro polivalente che svolge principalmente una funzione museale. Al suo interno si trova una vasta raccolta di fotografie che documentano gli eventi legati alla mafia, accanto a una serie di stanze interattive che approfondiscono i temi principali, come le vittime della mafia. Durante il nostro percorso di visita abbiamo esplorato le varie stanze tematiche e tutto il gruppo classe è rimasto stupito dalle forti emozioni che ognuna di esse trasmette in modo mirato ai visitatori. Le prime due camere ci hanno colpito in modo particolare, sia per via dell’allestimento inusuale sia per le tematiche molto toccanti.

La prima sala, chiamata “Caos”, consisteva in uno spazio buio e piuttosto angusto, illuminato da diverse televisioni analogiche che trasmettevano a intermittenza vari servizi giornalistici dell’epoca dello stragismo mafioso. Questa stanza, come si intuisce dal nome, voleva far comprendere al visitatore le sensazioni che i siciliani provavano in quegli anni. La seconda era dedicata alle vittime della mafia ed era allestita in un modo altrettanto particolare. Anch’essa completamente buia, aveva due grandi pareti sulle quali venivano proiettate foto e brevi video di chi ha perso la vita a causa del fenomeno mafioso.

A conclusione della visita di queste stanze la guida ci ha accompagnato alla seconda parte del nostro percorso, ossia alla raccolta fotografica. Dopo una breve delucidazione su ciò che avremo visto abbiamo seguito il percorso consigliato in modo autonomo. Questo breve itinerario guidato attraverso le varie parti della mostra ci ha permesso di vedere foto storiche, scattate nei momenti di cui tanto avevamo sentito parlare in precedenza. A semplici immagini di personaggi dell’epoca erano affiancate foto molto truculente, che dipingevano le scene degli attentati e degli omicidi. Questa parte, oltre che molto toccante e non adatta alle persone facilmente impressionabili, avvicina i visitatori ai fatti realmente accaduti: alcune foto, infatti, ci facevano sentire quasi parte di quegli avvenimenti lontani dal nostro immaginario e dalla nostra realtà quotidiana.

Mostra fotografica del Memorial Museum, Palermo

Immagine che contiene testo, targa

Descrizione generata automaticamente

L’arma della mafia: il pizzo

Ma come ha fatto e come fa la Mafia a mantenere il suo controllo sulle attività economiche e sulla società?

Lo strumento più antico che tutt’oggi viene messo in pratica è sicuramente il pizzo, ovvero un’estorsione che consiste nel richiedere una percentuale o una quota a tutti i proprietari di un’attività, in cambio di una presunta “protezione”, che in realtà è una protezione dalle minacce della Mafia stessa: spesso, chi si rifiuta di pagarlo, subisce danni alla propria attività (che possono consistere in cattive recensioni sui social fino ad arrivare a un incendio al proprio negozio), ma riceve anche minacce verso i propri familiari.

In genere le richieste di versamento del pizzo non avvengono in modo diretto: ci sono alcune frasi, conosciute da tutti i palermitani, che se pronunciate da un cliente hanno un significato ben diverso da quello che ci si possa aspettare. Se, per fare un esempio, un apparente cliente abituale si rivolge al barista dicendo: “Ricorda che devi farti l’amico”, il barista spaventato sa per certo che in poco tempo entrerà in contatto con il boss della zona per concordare la cifra da pagare. E qualora decidesse, a suo rischio, di far finta di nulla, è molto probabile che presto nella serratura della porta del suo bar verrà messa simbolicamente della colla, così che il mattino seguente risulti impossibile accedervi e dunque lavorarci.

Il pizzo, solitamente, è una quota “accessibile” da versare, proporzionata al guadagno dell’attività. Al giorno d’oggi, infatti, la principale fonte economica delle Mafie consiste in realtà nel traffico di droga, ma il pizzo assume una funzione più incline al controllo: coloro che aderiscono a ciò, anche se la perdita non è troppo alta, sono sottomessi, e le organizzazioni criminali sanno che hanno il pieno controllo su quelle attività, così che questa estorsione non abbia solo uno scopo economico, ma soprattutto uno scopo sociale. “Quel negozio mi paga, quindi so di avere il controllo su di esso”.

È proprio per questa ragione che nel 2004 un gruppo di ragazzi, che diventeranno i fondatori del comitato AddioPizzo, tappezzano la città di Palermo con adesivi riportanti la scritta “Un popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità”. Questo atto di coraggio ha risvegliato il popolo palermitano, dando così la speranza, con la nascita del comitato, che sia possibile raggiungere quella libertà che numerosi imprenditori sognano ma che hanno paura a esternare.

Vittoria, Lorenzo e Riccardo (5U)


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