Durante la prima settimana di novembre noi ragazzi di 3R abbiamo accolto degli studenti spagnoli nelle nostre case, grazie al progetto Erasmus dal titolo “Yo cuido la cultura y la cultura me cuida” che significa “Io mi prendo cura della cultura e la cultura si prende cura di me”.
Nel corso della settimana abbiamo partecipato a diverse attività che ci hanno permesso di imparare qualcosa di nuovo, non solo riguardo il nostro territorio, ma anche riguardo noi stessi.
Abbiamo mostrato agli spagnoli i tesori artistici di Albino, del monastero di Astino e di Città Alta; ci siamo lasciati curare da espressioni culturali quali la danza, il teatro, l’aromaterapia, l’arte plastica; incontrando don Davide Rota del Patronato San Vincenzo di Bergamo abbiamo toccato con mano che la cura dell’altro può essere una scelta di vita e visitando alcuni locali dell’ospedale Humanitas Gavazzeni di Bergamo, abbiamo scoperto che l’arte può curare anche chi è malato.
Un’attività significativa per tutti è stata quella presso la libreria “Alessia” di Albino ove, nell’ambito del progetto #ioleggoperchè ciascuno di noi ha scelto, letto, commentato e rappresentato mediante calligrammi brevi poesie in lingua italiana, spagnola o inglese. “Che sorpresa – sottolinea Andrea – scoprire che ciò che colpisce me, commuove anche i miei amici spagnoli (e viceversa)”. Forse la cultura nasce proprio da questo cuore comune a tutti gli esseri umani…
“Questo progetto – puntualizza Chiara – ha prodotto dei risultati che mi aspettavo, per esempio conoscere meglio la mia città e capire il vero significato di “cura” e “cultura”; ma ci sono stati anche esiti che mai avrei pensato di ottenere: migliorare il mio livello nella lingua spagnola, prendere coscienza delle mie abitudini (essendo gli spagnoli molto portati a stare insieme e fuori casa, mi sono accorta in quei 7 giorni che io invece passo troppo poco tempo a pensare a me e che dovrei uscire molto più spesso…); ma ciò di cui sono più contenta è che sono persino riuscita a migliorare il mio carattere superando alcune barriere, come ad esempio la timidezza che mi blocca nel fare amicizia. Quindi l’incontro tra culture avvenuta attraverso noi ragazzi ha davvero curato anche me”.
Vari sono stati i momenti in cui ci siamo fermati a riflettere su quanto stavamo vivendo: solo guardando e condividendo le esperienze di ognuno è possibile “non perdere l’acqua che si è raccolta nelle nostre mani durante le visite e gli incontri, acqua che disseta la nostra curiosità e ci fa crescere”, come ci ha detto Alfonso, il professore di Madrid.
Sono stati dialoghi intensi, veri, “genuini”, come li ha definiti Dylan.
Una compagna dà voce ai pensieri di tanti tra noi: “Una lezione che ho imparato grazie ai ragazzi spagnoli è quella di poter esprimere i miei sentimenti senza timori; infatti il fatto che tutto il gruppo di ragazzi non temesse di mostrarsi sensibile e vulnerabile di fronte a noi mi ha permesso di fidarmi di loro e di mostrare un lato di me che poche persone riescono a vedere. Grazie a questa esperienza ho capito che la gente non sempre ti aiuta e si prende cura di te solo per avere un tornaconto personale; molti lo fanno solo per farti stare bene perché ti vogliono bene per davvero”.
Come si vede quindi, il nostro progetto Erasmus ci ha permesso innanzitutto di conoscere persone che nonostante la lontananza fisica porteremo sempre nel cuore, grazie al legame profondo che abbiamo stretto con molti di loro. Questa simpatia immediata ci ha fatto vivere intensamente e con gusto visite, dialoghi, lezioni, momenti di lavoro e di svago. In marzo andremo in Spagna con la speranza di poter continuare il cammino con i nuovi amici e ritrovarci quindi cresciuti cioè più consapevoli e affezionati alla vita.
Alice R. e Martina P. (3R)
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