Il Romero contro la mafia: Il nostro viaggio a Palermo. #2 Due uomini che hanno lottato fino alla fine: i luoghi di Falcone e Borsellino

Per non dimenticare la strage che ha colpito il giudice Paolo Borsellino e per sentirci più vicini alla vicenda, ci siamo recati nella casa dove viveva da piccolo.

All’interno della casa abbiamo incontrato Roberta Gatani, la nipote di Paolo Borsellino, che ci ha raccontato la storia della “Casa di Paolo” di cui è responsabile insieme al fratello del giudice, Salvatore Borsellino, dal 2016.

La Casa di Paolo viene inaugurata il 17 luglio 2015 nei locali della storica farmacia della famiglia Borsellino e da allora è aperta gratuitamente a tutti ma soprattutto a bambini e giovani che vivono situazioni di disagio economico o di carenze formative.

Roberta Gatani ha un importante ruolo: oggi giorno, infatti, nella casa dove è nato e cresciuto Paolo Borsellino, da anni accoglie i bambini del quartiere popolare della Kalsa aiutandoli nei compiti e cercando di creare attorno a loro una rete sicura di conoscenze allontanandoli dalla criminalità organizzata.

Il secondo luogo che abbiamo avuto la possibilità di visitare è stato Via D’Amelio, dove è avvenuto il tragico attentato al giudice Paolo Borsellino il 19 luglio 1992 e dove esplose un’autobomba carica di tritolo, appositamente posizionata dalla mafia, provocando una strage che causò la sua morte e quella di cinque agenti della scorta.

Questo evento segnò un momento cruciale nella lotta contro la mafia in Italia e viene ricordato come simbolo del sacrificio dei giudici e delle forze dell’ordine. Oggi, in corrispondenza al luogo del cratere lasciato dall’esplosione, si trova un ulivo della legalità, che venne piantato in funzione commemorativa un anno dopo la strage per iniziativa della madre di Borsellino.

La memoria di Giovanni Falcone a Capaci

Per celebrare uno dei luoghi simbolo e più importanti delle stragi mafiose, ovvero l’autostrada di Capaci, un gruppo di giovani, nati e cresciuti in questa terra, hanno deciso di inaugurare MuST23 (Museo Stazione 23 maggio), uno spazio di fruizione culturale permanente, che attraverso l’ausilio delle nuove tecnologie vuole far rivivere il tragico evento del ‘92, tutt’oggi ambiguo e controverso. È stata un’esperienza che ci ha lasciati davvero senza parole. Grazie alla realtà virtuale siamo stati catapultati proprio su quel tratto di autostrada dove persero la vita il magistrato Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Inoltre, grazie alla visione di fotografie, documentari e testimonianze, siamo riusciti a scoprire dettagli spesso sottovalutati e sempre più dimenticati, oltre ai vari motivi per cui questa strage viene studiata e analizzata ancora tutt’oggi. Grazie alla collaborazione con “Feltrinelli”, alla vecchia stazione di Capaci oggi possiamo anche trovare la più piccola libreria in Italia ma con il maggior numero di testi legati alla mafia, alla sua storia e ai suoi avvenimenti principali.

Immagine che contiene oscurità, persona, persone, interno

Descrizione generata automaticamente

MuST23 a Capaci

Sempre nel paese di Capaci, sul tratto di strada che venne fatto esplodere il 23 maggio 1992 e ad oggi considerato il sito più emblematico e caratteristico nella storia della guerra alla mafia, si trova il memoriale dedicato alle vittime della strage. Lì ci ha raggiunto Antonio Vassallo, un fotografo che quel fatidico giorno arrivò casualmente per primo sul luogo della catastrofe che ha fermato il cuore d’Italia e del mondo intero. Al tempo solo ventenne sentì a pochi metri da casa sua l’esplosione e con fotocamera al collo si affrettò sulla scena al limite dell’apocalittico. La strada aveva lasciato il posto a una voragine di dimensioni mai viste, gli alberi secolari erano capovolti con le radici verso il cielo e le macchine erano rovesciate e distrutte. A catturare l’occhio del nostro narratore fu però una macchina bianca, al cui interno sedeva, ancora in vita, il magistrato Giovanni Falcone e il fotografo incontrò, per qualche secondo, lo sguardo del giudice Falcone. Probabilmente – crede Antonio – il magistrato lo scambiò per un mafioso giunto sul luogo “per finire il lavoro” e ucciderlo. Ricordandosi della macchina fotografica iniziò a scattare fotografie sempre più nel dettaglio così da avere una prova di quell’evento storico; venne però interrotto da un uomo della scorta del magistrato che con la mano sul grilletto minacciava di sparargli e fu costretto così a scappare. Dopo poco però Antonio tornò sulla scena del crimine ma due uomini in divisa lo fermarono e con violenza si fecero consegnare il rullino di fotografie. Quel rullino però non verrà mai ritrovato. Molti anni più tardi Antonio rincontrerà l’uomo della scorta e, commosso, quest’ultimo gli dirà che, avendo scambiato la macchina al collo per un’arma, era mancato poco che lo uccidesse.

Se per chiunque Capaci potrebbe sembrare un paesino come tanti altri, dopo tutte le storie che ci sono state raccontate e dopo aver visto quella strada nel giorno della strage attraverso la realtà virtuale, per noi ha un peso diverso. Appena superato il cartello dell’autostrada e varcate le porte del paese il cuore ci si è stretto e il respiro si è fatto pesante. I dettagli raccontati da Antonio ci hanno fatto raggelare il sangue e ci hanno fatto prendere quell’aereo di ritorno con tante domande in testa. E’ stato incredibile sentire la storia di quello che è avvenuto da chi davvero l’ha vissuta. In qualche modo ha reso anche noi testimoni indiretti e ci ha dato la responsabilità di far sì che queste memorie non vengano mai dimenticate.

Monumento alla Strage di Capaci

Aurora, Beatrice, Jenny e Giulia M.


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